(FQ) Quella che i 7.200 appartenenti al Corpo interessati dalla riforma Madia hanno definito una “militarizzazione forzata” è stata giudicata come una violazione dei loro diritti sindacali e di sciopero. La questione torna alla ribalta di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) a seguito del ricorso di due ex forestali lombardi ed ex dirigenti del sindacato Sapaf. Scrive l’avvocatura: “Il governo italiano riconosce che i ricorrenti hanno subito la violazione dell’articolo 11 della Convenzione”

Il trasferimento dei forestali nell’Arma dei Carabinieri ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’ammissione che non ti aspetti arriva, per voce dell’avvocatura dello Stato, dallo stesso governo italiano, a quattro anni dall’attuazione della riforma Madia che, sotto il governo Renzi, ha abolito il Corpo forestale, prevedendone appunto l’assorbimento nell’Arma. Un passaggio che per 7.200 forestali su 7.800 si è trasformato in una “militarizzazione forzata”, con la perdita di alcuni diritti come quelli di riunirsi in associazioni sindacali e di scioperare. L’anno scorso la Corte Costituzionale ha ritenuto questa parte della riforma Madia legittima, ma ora la questione torna alla ribalta di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) a seguito del ricorso di due ex forestali lombardi ed ex dirigenti del sindacato Sapaf. È in questa sede che l’avvocatura dello Stato ha depositato nei gironi scorsi un documento che contiene l’ammissione: “Il governo italiano – si legge – riconosce che i ricorrenti hanno subito la violazione dell’articolo 11 della Convenzione”, cioè quello che garantisce il diritto alla libera associazione sindacale.

Tale violazione, sostiene però l’Avvocatura dello Stato, non è più in essere, in quanto nel giugno del 2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto per i militari di creare associazioni sindacali e ha rinviato al Parlamento il compito di individuare le prerogative delle nuove organizzazioni sindacali. Una tesi rifiutata dal legale dei due ricorrenti, Francesco Borasi, perché il Parlamento non ha ancora approvato alcuna legge, gli ex forestali non possono ancora riunirsi in vere e proprie organizzazioni sindacali e in ogni caso per loro resterà il divieto di scioperare, diritto che invece prima avevano. Ma l’ammissione dell’Avvocatura rimane un fatto inedito e importante: “Il governo italiano – dice Borasi – ha cominciato a riconoscere formalmente i propri errori nello scioglimento del Corpo forestale dello Stato e nella militarizzazione coatta del suo personale transitato nell’Arma dei carabinieri”.

Il documento dell’Avvocatura è stato depositato dopo che in primavera la Corte europea, un organismo internazionale legato non all’Unione europea ma al Consiglio d’Europa, aveva chiesto al governo di tentare una conciliazione con i due ex forestali. Ed ecco la proposta: “Il governo italiano – scrive l’Avvocatura – offre in totale ai ricorrenti la somma di 2mila euro”. Un proposta, secondo il loro avvocato, “irricevibile e al limite dell’insulto della dignità dei miei assistiti e della categoria dei forestali che loro rappresentano, dal momento che il governo stesso riconosce ufficialmente che all’atto della soppressione del Corpo forestale e del suo passaggio nell’Arma dei Carabinieri vi sia stata una compressione dei diritti dei forestali”. Poiché la proposta conciliativa è “una prima ammissione di ‘colpevolezza’ da parte delle istituzioni italiane sul provvedimento licenziato dall’allora governo Renzi”, Borasi chiederà la discussione del caso in dibattimento in modo da arrivare a una sentenza della Corte europea, presso cui pendono altri due ricorsi di ex forestali: “Una sentenza avrebbe carattere vincolante per lo Stato eventualmente soccombente”.

“L’importante iniziativa intrapresa dai due ex dirigenti sindacali lombardi del Sapaf, nello scetticismo generale dell’epoca, sta dando i primi frutti”, commenta Danilo Scipio, ex segretario generale dell’Ugl Corpo forestale ed ex presidente dell’associazione culturale Unforced, che l’anno scorso ha presentato alla Corte europea il terzo dei ricorsi insieme a oltre mille ex forestali. “Al di là degli aspetti strettamente legali, il risultato più importante è quello di aver restituito la speranza agli oltre 7mila forestali militarizzati contro la loro volontà e le loro aspirazioni. Proiettati da un giorno all’altro in un mondo che non è mai stato il loro, quello militare, i forestali hanno subìto anche la radicale trasformazione della loro attività. Un tempo ne era elemento essenziale la prevenzione, mentre oggi è più improntata alla ricerca dei numeri e alla repressione, figlia dell’approccio alla tutela ambientale per come è concepita dai vertici dei Carabinieri. L’auspicio è che la Cedu possa restituire agli ex appartenenti al Corpo forestale, ma soprattutto ai cittadini, quello che lo Stato italiano ha tolto con la complicità della Corte Costituzionale”.

Intanto tra gennaio e febbraio dovrebbe iniziare nelle commissioni Affari costituzionali e Difesa della Camera la discussione delle tre proposte di legge presentate ormai da due anni per modificare la riforma Madia dai deputati Maurizio Cattoi del M5S, Silvia Benedetti del Gruppo misto e Luca De Carlo di Fratelli d’Italia. Le soluzioni proposte sono la ricostituzione del Corpo forestale o l’istituzione di una Polizia ambientale presso il ministero dell’Interno, una polizia civile e non militare. Per l’avvocato Borasi, “le istituzioni italiane, dal governo al Parlamento, sinora colpevolmente silenti sull’argomento, dovrebbero fare un reale mea culpa sui gravi errori commessi dalla riforma targata governo Renzi, rivedendo finalmente l’attuale discutibile assetto delle forze poste a tutela del patrimonio naturalistico ambientale”.