Titolarità a parlare |
In più occasioni ci sono state segnalate visite ai reparti di “sindacalisti” che ribadirebbero come i sindacati non rappresentativi non possano interfacciarsi con la catena di comando, indicando spesso come esempio proprio Asso.Mil..
Purtroppo per questi signori, che di sindacato sanno ancora molto poco (potrebbero leggere qualche libro, oltre a ripassare qualche norma di settore), non è chiaro che i diritti dei sindacati sono gli stessi per tutti, una volta autorizzati a svolgere la propria funzione (e su questo potremmo parlare molto ma certo solo con chi capisce) ed essere iscritti al relativo albo.
Le differenze fra chi è rappresentativo e chi non lo è risiede nella possibilità di sedersi ai tavoli di contrattazione e beneficiare delle prerogative sindacali (permessi, distacchi ecc.) cosa molto cara a chi in ogni consesso non perde occasione per rivendicare come prima necessità i propri benefit.
La convocazione del Capo di Stato Maggiore della Difesa di tutte le sigle del Comparto Difesa iscritte all’Albo avrebbe già dovuto fugare ogni dubbio, ma a riscontro di quanto detto, si sono verificate centinaia di situazioni in cui Asso.Mil, interfacciandosi con la catena di comando, ha rappresentato problemi e collaborato alla loro soluzione su questioni ignorate dalle sigle rappresentative, che spesso sono troppo impegnate a rivendicare privilegi o a scimmiottare le altre.
Noi di Asso.Mil, rappresentativi o no, diciamo le cose come stanno, proponiamo soluzioni per tutto il personale (non solo per i nostri iscritti) e per questo forse diamo fastidio a chi intende il sindacato come una replica della vecchia Rappresentanza Militare.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: per fare attività sindacale servono competenze e numeri e l’attuale panorama non sembra che offra soluzioni che racchiudano insieme queste due prerogative.
Incompetenza, lacrime di coccodrillo o facce di…? |
L’entusiasmo e le autoglorificazioni per la firma del rinnovo contrattuale da parte delle sigle rappresentative sono scemate in poco tempo.
Già l’indomani della firma alcune sigle sottoscrittrici dell’accordo pubblicarono un comunicato congiunto che avvisava della possibile fregatura, come dire “sappiamo di aver preso una cantonata ma vogliamo provare a salvare la faccia”.
Ma per giustificare scelte rivelatesi impopolari c’è anche chi recentemente ha tentato di “buttarla in caciara” dilettandosi nel definire i carabinieri nei più svariati modi (forse per far leva sul vittimismo più che sul tanto caro populismo) sino ad arrivare a sigle firmatarie che, lamentando la perdita degli adeguamenti per il 2022 ed il 2023 e i ritardi relativi all’ erogazione degli arretrati, vorrebbero far credere di essere stati traditi negli accordi presi con il Governo.
Ma se effettivamente il Governo ha tradito gli impegni presi perché le sigle firmatarie, che oggi gridano allo scandalo, non hanno rivendicato la bontà delle proprie azioni mettendo in mora lo stesso Governo per i ritardi che oggi definiscono ingiustificati?
Probabilmente perché i verbali della contrattazione potrebbero smentire chi ha affrontato con troppa sufficienza un rinnovo contrattuale, magari perché distratti da qualche selfie di troppo per prestare le dovute attenzioni agli argomenti in discussione.
Oggi c’è chi vorrebbe far credere di essere una “verginella”, con messaggi, video e comunicati fatti rimbalzare sui social ma commentabili solo dagli “allineati” vista l’attenta opera censoria per le osservazioni scomode. Si dimenticano che trasparenza, dialogo e confronto sono alle basi di quell’attività sindacale professata ma mai conosciuta.
Le alternative esistono, basta guardarsi intorno!